IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 3531/07 del R.G. promossa da Magari Yuri, rappresentato e difeso dagli avv. Armando Piantini e Michela Piantini, del Foro di Arezzo (ricorrente), contro «Toro Assicurazioni S.p.A.», in persona del legale rappresentante pro tempore, societa' difesa dagli avv. Dario Cappelli e Niki Rappuoli, del Foro di Arezzo, (resistente). Il sig. Magari Yuri, a bordo di motociclo assicurato con «Toro Assicurazioni» S.p.A., in data 25 maggio 2007 veniva a collisione con altro motociclo, condotto da Rossi Jacopo. Avendo, nell'impatto, subito danni alla persona e ritenuta l'esclusiva o prevalente responsabilita' del Rossi nella causazione del sinistro, Magari Yuri, ritenuto insufficiente il risarcimento danni corrispostogli da «Toro Assicurazioni» S.p.A., adiva questo giudice di pace mediante ricorso ex art. 3 legge n. 102/2006, recante disposizioni sulla estensione del c.d. «rito del lavoro» ai sinistri stradali con lesioni personali. La richiesta di risarcimento veniva inviata alla sua Assicurazione («Toro Assicurazioni» S.p.A., anziche' all'assicurazione di controparte, e cio' in relazione a quanto stabilito dall'art. 149 del d.lgs. n. 209 del 7 settembre 2005 (in G.U. n. 239 del 13 ottobre 2005 - Codice delle Assicurazioni private), il quale prevede che, qualora non si raggiunga un accordo, il danneggiato possa proporre «l'azione diretta di cui all'art. 145, secondo comma nei soli confronti della propria impresa di assicurazione». Fissata, per la comparizione delle parti ex artt. 415 e 416 c.p.c., l'udienza del 12 febbraio 2008, si costituiva la convenuta «Toro Assicurazioni S.p.A.», in persona del suo legale rappresentante, nonche' il presunto danneggiante Jacopo Rossi, il quale sollevava, preliminarmente e nel rito, eccezione della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 149, d.lgs. n. 205/2005, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione della Repubblica Italiana, nella parte in cui prevede, in caso di lesioni, la risarcibilita' in capo alla sola sua assicurazione per R.C.T. Chiedeva pertanto sospendersi il giudizio, con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Alla predetta udienza questo Giudice di pace riteneva opportuno approfondire le questioni sollevate dal predetto resistente e differiva l'udienza al 22 luglio 2008. A tale udienza questo magistrato onorario, ritenuto di condividere le eccezioni sollevate, si riservava l'invio di propria ordinanza alla predetta Corte, cosi' accogliendo l'istanza di parte resistente. Si osserva al riguardo: Nel presente giudizio l'attore ha promosso azione di risarcimento danni, causati da circolazione di veicoli, convenendo in giudizio, ex art. 149, comma 6 d.lgs. n. 209 del 7 settembre 2005 («Codice delle assicurazioni»), la propria compagnia di assicurazione. In assenza di detto articolo, l'azione risarcitoria sarebbe stata invece esercitata nei confronti del responsabile del danno, soggetto diverso dall'odierna convenuta: alla stessa maniera l'azione sarebbe stata esercitata qualora 1'art. succitato fosse ritenuto in contrasto con la Costituzione. Il necessario ricorso all'«indennizzo diretto» da parte della propria assicurazione, inziche' al risarcimento da parte del responsabile del sinistro, appare finalizzato, nell'intenzione del legislatore, alla semplificazione dei tempi procedurali ed al contenimento dei costi assicurativi. Circa il presunto contrasto dell'art. 149, d.lgs. n. 209/2005 con l'art. 76 Cost., va rilevato che il legislatore, per riordinare il sistema assicurativo, aveva scelto la strada del decreto legislativo, e cioe' di normativa dell'ordinamento giuridico con forza di legge, ma emanato, in via eccezionale, dal Governo, previa delega del Parlamento. Cio' in quanto si trattava di materia complessa e tecnica, per cui il Governo appariva l'Organo piu' idoneo a legiferare, potendo avvalersi del parere del Consiglio di Stato. L'art. 76 Cost. stabilisce che la delega deve essere esercitata in un termine prefissato e nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi indicati nella legge delega, sicche', nell'emanare il decreto (delegato), il Governo ha l'obbligo del rigoroso rispetto dei principi e dei limiti sanciti dalla legge delega. Se cio' non avviene, detto decreto e' viziato di incostituzionalita' per eccesso di delega ex art. 76 Cost. Nel caso del Codice delle assicurazioni, il decreto legislativo emesso dal Governo il 7 settembre 2005, n. 209, doveva attenersi ai principi ed ai criteri previsti dalla legge-delega n. 229 del 29 luglio 2003, che aveva riservato al riassetto del settore assicurativo l'art. 4, che, per quanto qui riguarda cosi' recita: «Il Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all'art. 20, legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall'art. 1 della presente legge, e nel rispetto dei segg. principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in genere, dei contraenti piu' deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; c) omissis. Il comma 1, art. 4, legge n. 229/2003 rimanda dunque ai «principi e criteri direttivi di cui all'art. 20, legge n. 59/1997, come sostituito dall'art. 1, legge delega in esame e nel rispetto di principi e criteri direttivi». Tra questi vi e' l'obbligo della preventiva richiesta di parere al Consiglio di Stato. In verita' il Consiglio di Stato emise parere n. 11603 in data 14 febbraio 2005 relativamente al codice delle assicurazioni ma il testo preso in esame dall'Organo consultivo era carente delle norme inerenti l'indennizzo diretto da parte della propria assicurazione. Pertanto sugli artt. 149 e 150 del «codice delle assicurazioni», mancano del prescritto parere da parte del Consiglio di Stato. Quanto al contenuto della legge delega in tema di risarcimento del danno e della liquidazione dei sinistri, la legge delega n. 229/2003 dettava principi e criteri in materia di riassetto delle assicurazioni, ma non prevedeva l'abrogazione delle norme esistenti in materia. In nessun punto entra nel merito del risarcimento danni se non nel punto b), laddove e' prevista la tutela dei consumatori ed, in generale, «dei contraenti piu' deboli sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonche' dell'informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri». Il Governo, con legge delegata, doveva dunque tutelare il consumatore, e cioe' il contraente piu' debole al momento della sottoscrizione del contratto, e non gia' modificare principi tradizionali in materia di risarcimento danni e liquidazione sinistri, istituti regolati dagli artt. 2043 e 2054 c.c. Il consumatore e' la persona fisica che acquista o utilizza beni e servizi per scopi non riferibili all'attivita' imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Contraente, a sua volta, e' chi ha contratto una polizza di assicurazione. Pertanto la tutela caldeggiata dal Parlamento con la propria legge-delega doveva essere legiferata nei rapporti contrattuali a favore degli assicurati-consumatori-contraenti; invece 1'art. 149 del «codice delle assicurazioni» non prende in considerazione detti soggetti, bensi' i danneggiati, meglio chiamati le vittime di sinistri stradali. Ma questo danneggiato non e' certo un consumatore e tanto meno un contraente, bensi' controparte di altro soggetto con cui non vi e' alcun rapporto contrattuale: quest'ultimo, commettendo un fatto illecito, ha causato danni ingiusti da risarcire ex artt. 2043 e 2054 c.c. Stante pero' l'art. 149 cod. assicurazioni, i danneggiati sono chiamati (rectius obbligati) a chiedere il risarcimento non gia' al responsabile del sinistro ma alla propria assicurazione. E' chiaro dunque che il decreto legislativo di cui si discute ha sostanzialmente modificato i diritti dei danneggiati, facolta' non prevista dalla legge delega. Del resto la stessa differenza giuridica tra «risarcimento» ed «indennizzo» e' indice della scarsa chiarezza posta dal legislatore all'atto di adottare la normativa che si pone al vaglio della Corte costituzionale: il «risarcimento» nasce da fatto illecito di un terzo, mentre «l'indennizzo» nasce da rapporto contrattuale. Ma altre considerazioni sono possibili nella materia: l'art. 149 non regola rapporti con cui si voleva privilegiare il c.d. contraente piu' debole, ma trasforma la procedura risarcitoria gia' prevista dagli artt. 2043 e 2054 c.c. a favore di danneggiati da sinistri stradali. Ed ancora: l'art. 149 cod. assicurazioni contrasta con il principio del contraddittorio tra le parti, stabilito dall'art. 101 c.p.c., dal momento che l'azione diretta da parte del danneggiato nei confronti della propria assicurazione esclude la citazione a giudizio del responsabile civile per il danno determinato da sinistro stradale e la di lui assicurazione, cosi' sovvertendo i tradizionali canoni fondamentali in materia di contraddittorio tra le parti, previsti dal c.p.c. La violazione del diritto comunitario appare evidente laddove si viene ad eliminare l'azione diretta nei confronti dell'impresa del responsabile civile e cio' in contrasto con la V Direttiva comunitaria. Il legislatore ha cosi' modificato principi ormai acquisiti a livello europeo, innovando sulla materia ed inventando una sorta di arbitrato giudiziale, dove il giudice ha funzioni meramente notarili. E' facile dedurre che cio' determinera' in futuro anche ricorsi alla Corte europea. Quanto alla violazione dell'art. 3 Cost., il principio della uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge viene meno per le differenti procedure che si vengono ad instaurare nei casi di danni alla persona, e cio' per le diversita' di norme giuridiche da applicare per ottenere il risarcimento del danno e la liquidazione di sinistri. Infatti l'indennizzo diretto crea ingiustificate differenze di trattamento fra danneggiati in situazioni tra loro simili, e tutte riconducibili alla presenza di sinistro stradale con responsabilita' di terzi. Detto indennizzo e' applicabile infatti nelle ipotesi di impatto tra veicoli, immatricolati ed assicurati in Italia e nei soli casi di lesioni con invalidita' micropermanenti sino al 9%. Le disparita' di trattamento sono palesi per tutte le limitazioni di cui sopra. L'art. 149, con le diversita' di procedura risarcitoria, non sono applicabili a sinistri che vedano coinvolti pedoni, ciclisti e per invalidita' permanenti superiori al 9%. Si pensi altresi' a quante auto oggi sono circolanti in Italia ma risultano immatricolate all'estero con la presenza, in Italia, di masse di turisti, e quale diverso trattamento ha il cittadino italiano che rimanga coinvolto in sinistro stradale a secondo che la vettura di controparte sia stata, a suo tempo, immatricolata in Italia o all'estero. Il medesimo danno ingiusto viene cosi' ad essere risarcito in modo completamente differente a seconda che si applichi o meno l'indennizzo diretto. Quanto alla violazione dell'art. 24 Cost. si sottolinea che con il sistema dell'indennizzo diretto viene posta in discussione la possibilita' di far valere i propri diritti mediante assistenza di un legale. L'art. 150 del codice delle assicurazioni rinvia la regolamentazione del sistema previsto dall'art. 149 ad un successivo regolamento. Tale regolamento stabilisce che le spese accessorie dovute al danneggiato sono solamente quelle per eventuali consulenze medico-legali, con esclusione di altre spese per consulenze di altra natura o per spese legali. Deve ritenersi che tale limitazione violi il diritto di difesa di ciascun cittadino, inteso nella sua piu' ampia accezione. L'art. 24 garantisce infatti l'inviolabile diritto alla difesa in ogni stato e grado del giudizio, e tale difesa si realizza, ovviamente, attraverso la figura del professionista forense. La stessa suprema Corte, con sent. n. 11606/2005 ha ribadito il principio per cui il danneggiato puo', in ragione del suo diritto alla difesa costituzionalmente garantito, farsi assistere da un legale di fiducia anche nella fase pre o extragiudiziale, e tale garanzia si estende, ovviamente, al rimborso del relativo onorario. Tale diritto di difesa non puo' che valere, ovviamente, sia nel caso che la trattazione del caso avvenga nei confronti dell'assicurazione del responsabile civile, sia che avvenga nei confronti della propria Compagnia assicurativa, e cioe' dell'assicurazione con cui il danneggiato abbia, a suo tempo, stipulato contratto di assicurazione, obbligatorio ex lege. Ma in tale seconda ipotesi, qualora le spese legali, pur in fase extragiudiziale, siano un onere esclusivamente a carico del danneggiato, si assisterebbe ad una palese ed ingiustificata lesione e violazione del diritto alla difesa per il danneggiato, come gia' sostenuto dalla suprema Corte.